182 - Anche a Cavour le opere di Michele Baretta, “l’insostenibile leggerezza del dipingere”
“Questo suggerimento sul valore della leggerezza – scrive Lucio Cabutti sul Quaderno Monografico realizzato nel 1988, a un anno dalla morte dell’artista – puo’ costituire anche una chiarificatrice chiave di decifrazione per l’opera di Michele Baretta… Egli vuol dire leggermente (ma non troppo) cose serie, ma sa anche dire seriamente (ma non troppo) cose leggere. INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL’ESSERE come amara constatazione dell’INELUTTABILE PESANTEZZA DEL VIVERE…”.
Michele Baretta, un solitario della provincia piemontese, ma anche ël pitor dij sant, è descritto da Mario Marchiando Pacchiola come colui che ci ha regalato la bellezza che salva il mondo, nelle visioni umili e povere che sono i santi nei suoi piloni, nelle maestà delle cupole e nelle navate delle chiese, nelle strade e nelle cappelle di campagna, nei tanti fiori “stemperati” in più di quarant’anni che vogliono significare un canto di gioia alla vita e sogni di speranza colorata.
“Non meno inconfondibile nel segno e nel colore è la sua pittura laica – scriveva Tonino Rivolo nel 2012 – a cominciare dai molti ritratti femminili, per proseguire con paesaggi, nature morte, cavalli, pescatori”.
Nato a Vigone nel 1916, Michele Baretta inizierà a disegnare e a dipingere fin da bambino utilizzando i colori da muratore del padre capomastro. Poi la scuola del Reffo (presso il Collegio degli Artigianelli a Torino), l’ammissione all’Accademia delle Belle Arti (che però frequenterà poco), la chiamata alle armi negli anni 1939-43 e, dopo, l’inizio della reale attività pittorica a cui dedicherà l’intera vita, con mostre personali in varie località italiane, con collettive nazionali e internazionali, dipingendo affreschi e opere sacre in numerose chiese del Piemonte (molte nel pinerolese), partecipando, fra l’altro, a rassegne di ampio respiro internazionale e alle quadriennali della Promotrice delle Belle Arti, del Circolo degli artisti, del Piemonte artistico e culturale di Torino, alla Permanente a Brera, al Palazzo Reale di Milano, alle biennali de La Spezia.
Queste le opere realizzate a Cavour:
1950 – San Gioacchino / San Chiaffredo, affresco sulla facciata di Sant’Anna in Fraz. Sant’Anna
1953 – Il transito di San Giuseppe, olio su tela, pala per altare nella Parrocchiale (realizzato su richiesta dell’allora Vicario Don Mario Amore per sostituire il quadro molto rovinato, che rappresentava comunque sempre San Giuseppe morente, di autore ignoto). La tela, grazie alla locale società di San Giuseppe e all’opera del pittore Annibale Cappa, è stata restaurata nel 2013.
1953 – L’Addolorata, olio su tela, pala absidale nella chiesa dell’Ospedale.
1953 – Gesù tra i fanciulli, affresco sulla facciata della Chiesa dell’ex Cottolengo Femminile.
A Vigone, nel 2012, per il venticinquesimo anniversario della morte (avvenuta nel 1987), gli è stata intitolata (fra l’altro) la centralissima piazzetta antistante la ex Chiesa del Gesù, su cui si affaccia la sua preziosa donazione.
Luigi Timbaldi, il poeta della belle époque pinerolese che pure gli aveva dedicato una poesia, nei suoi ultimi giorni di vita aveva sussurato a un amico: “sulla mia tomba vorrei un mazzo di stelle alpine, una pietra delle mie montagne e un Cristo del Baretta, così non sarò mai solo”.