163 - NONNO, DOV’ERI QUEL 25 APRILE?
Era questo il titolo della raccolta di testimonianze sul Fascismo, la Seconda Guerra Mondiale e la Resistenza degli alunni della 3 ͣC della Scuola Media Statale “Giovanni Giolitti” di Cavour, coordinati dal loro insegnante, prof. Nicolò Miciletta, nel 1994.
Nella traccia predisposta per le interviste ai nonni a proposito di “quel 25 aprile”, si richiedeva inoltre l’impressione provata e le cose notate anche nelle altre persone alla notizia della fine della guerra.
E così EMILIO (classe 1916) raccontava “…sono scappato dalla fabbrica e sono andato assieme ai partigiani in piazza a Pinerolo a festeggiare”, mentre LUIGI (classe 1919) ricordava “…ero a casa finalmente, dopo mille peripezie per lo sbandamento“.
IRMA (classe 1934) raccontava “l’Incredulità, dopo tanta sofferenza, a vedere la gente molto contenta e piena di allegria e le campane che suonavano e risuonavano”.
DOMENICO (classe 1924): “ero a casa finalmente e ho pensato che mai più avrei avuto paura di non rivedere più il campanile della mia chiesa ogni volta che dovevo partire”.
LUIGI (classe 1912) ricordava “non mi tenevo più dalla gioia e mi lasciavo trasportare dalla felicità immensa dei miei colleghi partigiani”.
CARLO (classe 1929) non era a Cavour: “…anch’io ero a casa perché sbandato. Si provò una grande gioia immensa, anche se le città erano rase al suolo e in quel periodo, per un errore, c’era stato un bombardamento su una scuola che uccise 356 persone tra bambini e maestre. Io ero a Milano ed era tutto buio per evitare le incursioni aeree: ad un certo punto tutto si illumina, tutti scendono per le strade e si danza tutta la notte per la felicità e per la liberazione dall’angoscia”.
Il 25 aprile 1945 – ricordava CARLO (classe 1927) – provai un grande entusiasmo anche perché mi avevano catturato per far minare il ponte sul fiume Po” e TINA (classe 1922)”… ero chiusa in casa ad aspettare gli Americani che ci liberassero dal dominio dei nazisti. Piansi di felicità assieme a tutti gli altri”.
MARIA FRANCA (classe 1928) ricordava “di essere corsa, come del resto tutta la popolazione, in piazza, dove tutti erano felici e contenti”.
SANTINA (classe 1925) descriveva pure lei quel giorno come un giorno di festa, con le campane che suonavano, le strade piene di gente che sventolava bandiere e che gridava a gran voce la fine della guerra. Aveva vissuto il primo dopoguerra da bambina e la Seconda Guerra Mondiale da giovane moglie a Cavour. Ricordava aneddoti della sua infanzia e l’angoscia per l’assenza del marito al fronte, e aggiungeva: “secondo me, un soldato, a qualsiasi esercito appartenga, è innanzitutto un uomo che solo le circostanze e la propaganda politica rendono amico o nemico: di qualsiasi colore sia la sua divisa, egli avrà perciò la stessa paura di morire e la stessa voglia di tornare a casa. Se almeno i soldati potessero essere sicuri che le guerre sono in qualche modo utili, che servono ad evitare il ripetersi di fatti per cui sono scoppiate!”.
A Pinerolo lenzuola sui tetti, per annunciare agli aerei alleati che i tedeschi avevano lasciato la città.
“Dai giovani di allora ai giovani di oggi. Fascismo, antifascismo, resistenza, guerra civile, liberazione, morti glorificati e morti ignorate. Ferite aperte di storie parallele” …così scriveva Domenico Rosati in un articolo comparso nel 2004 su “Dimensioni nuove” e titolato “QUELLA PRIMAVERA DEL 1945”, una data storica da ripensare e purificare”.