143 - Benedetto Croce a Cavour fu ospite di Giolitti
Nel 1982 Andrea Gaspari così scriveva su “Il Pellice”: “Trent’anni fa moriva il filosofo Benedetto Croce, cittadino illustre non solo per l’Italia, ma per l’intero consorzio delle Nazioni civili, nelle quali, per oltre cinquant’anni, il suo pensiero, la sua prodigiosa cultura, la sua opera di filosofo, di storico, di letterato, di politico, hanno operato come forze vive, stimolatrici di energie vaste e feconde.
“Fra quelle forze una è stata ed è tuttora particolarmente attiva: il concetto ed il sentimento profondo dell’esigenza della libertà.
“Benedetto Croce è passato come l’alfiere di quella libertà che gli apparve l’unica qualità capace di dare dignità e nobiltà alla vita, … come erede degli uomini del Risorgimento Italiano che salutava come suoi maestri…
“Nelle sue opere ha costituito il legame ideale a quell’epoca eroica della storia italiana e l’età attuale, dimostrando che ora come allora la libertà di pensiero, di coscienza, d’azione, è l’elemento essenziale della vita individuale e sociale, senza la quale nulla ha vero valore: senza la libertà non si può vivere.
“Questo concetto, come indispensabile esigenza di vita, il Croce lo chiarì e lo tradusse in azione sociale e politica soltanto dopo la prima guerra mondiale.
“In quel periodo tumultuoso egli comprese la necessità di uscire dal raccoglimento del suo studio e di partecipare personalmente alla lotta per la difesa dei beni essenziali della vita…”
Nominato Senatore dal Ministro Sonnino nel 1920, nell’ultimo Ministero Giolitti fu Ministro dell’Istruzione.
Sopravvenuto il regime fascista, che egli dichiarò senza mezze parole essere la negazione della libertà, tra il 1922 e il 1924 prese parte alla costituzione del partito liberale, scrivendo anche il famoso “manifesto degli intellettuali antifascisti” e, più avanti, fondando anche la rivista “La Critica”.
“Pagò di persona la sua azione – continua Andrea Gaspari – fino a dover vendere la sua dimora familiare, invasa e devastata da bande fasciste: eppure occorre osservare che nel ventennio fascista egli fu l’unico liberale attivo ad essere rispettato dal Governo, protetto com’era dalla risonanza mondiale della sua fama…”
Capo riconosciuto del movimento liberale dopo il 25 luglio 1943, fu ministro senza portafoglio nel Governo di Salerno nel 1944 e nel successivo Governo Bonomi, deputato alla costituente e presidente del partito liberale.
Negli ultimi anni di vita si ritirò dalla vita politica e si rifugiò “nel santuario del suo pensiero, rimanendo fino all’ultimo vindice e custode perennemente vigile di quella libertà che fu il centro ideale del suo pensiero e della sua vita”.
Benedetto Croce, come compare nei ricordi del fedele servitore cavourese di Giolitti Giovanni Vottero, venne a Cavour “accolto molto affettuosamente” e più avanti, nel 1952 (lo stesso anno della sua morte), detterà le epigrafi per i busti del Conte Camillo Benso e dello Statista, inaugurati il 27 settembre alla presenza dell’allora Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi.
Di Benedetto Croce, Giolitti aveva detto: “E’ il migliore, il più interessante ministro che io abbia mai avuto: su molti argomenti, nelle sedute del consiglio, egli, a differenza di tanti altri, aveva giudizi informatissimi, esatti”.
E l’esattezza – continua Ernesto Caballo su La Gazzetta del Popolo del 1953 – era una delle virtù che premevano di più a Giolitti”.