Il cosiddetto “cippo di mannio” è uno dei reperti di epoca romana più importanti fra quelli ritrovati a Cavour e conservati nel Museo Archeologico di Caburrum (Abbazia di Santa Maria).
“All’inizio del 1800 – scrive Goffredo Casalis nel “Dizionario Geografico Storico Statistico Commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna, 1837 – a circa un miglio da Cavour, presso la strada che tende a Campiglione, è stato rinvenuto un cippo o stele di marmo bianco…. Ha nel mezzo incavata una nicchia col busto in rilievo del defunto, assai bene scolpito e conservato: i suoi capegli sono corti e irti; un ammanto simile a toga gli ricuopre il petto, su cui vedesi appeso un distintivo dell’ordine Torquato. Due lance ed alcune insegne militari stanno ai due lati del cippo: un frontespizio è scolpito di sopra con la testa di Medusa anguicrinita nel mezzo, due biscioni occupano i due vani triangolari che sono fuori dal frontespizio….”.
Sotto il busto si legge questa iscrizione:
Q. MANNIUS
RUFI . F. STE.
SIBI . ET .
PRIMO . FILIO
T. F. I.
(Mannio, figlio di Rufo, stellatino, lasciò per testamento che fosse eretto per sé e per suo figlio Primo questo monumento).
“Il Mannio di cui si parla era probabilmente un personaggio molto ragguardevole e pervenuto a sommi gradi nella milizia, e, fors’anche, nella magistratura…” continua il Casalis.
Ma la toga di Senatore e le due lance laterali rappresentano i trofei di un personaggio che forse fu già capitano e capo della colonia romana stabilita nell’agro Caburrense (I sec. d.C.).
Le parole “T.F.I.” (Testamento Fieri Iussit) significano “che il tumulo fu d’elezione e disposto sul fondo di proprietà del testatore”.
I due biscioni potrebbero rappresentare la “Prudenza”, mentre la testa di Medusa simboleggia il “Valore” e la “Fortezza”.
All’inizio del ‘900, poco distante dal luogo del ritrovamento del cippo, fu rinvenuta anche quella che si ritiene fosse la tomba di Mannio abbastanza capiente e con un discreto corredo funebre.
Il “cippo di Mannio” nel 1872 fu acquistato dal Parroco, Mons. Bernardo Arato, per tre posti gratuiti all’Asilo Infantile per un anno (valore uguale a 60 lire o poco più). Assieme a diversi altri reperti meticolosamente annotati, la lapide rimase nei locali della Parrocchia fino a quando, nel 1970, l’allora Vicario di Cavour, Don Mario Amore, consegnò tutto il materiale al Comune di Cavour affinchè fosse esposto all’Abbazia di Santa Maria, restaurata pochi anni prima (1964).
E’ stato definito da valenti archeologi “una stele di marmo degna di particolare citazione, scolpita con cura, con vivo senso dell’arte, sia nelle figurazioni ornamentali, sia nel busto del defunto, probabilmente ritratto dal vero, rappresentato nel fiore della virilità, con i capelli scendenti sulla fronte, il volto sbarbato e con una espressione di pensosa tranquillità”.