156 - Cento anni fa l'ultima grande pandemia influenzale: la spagnola
“Il 4 novembre abbiamo ricordato i 100 anni trascorsi dalla fine della Grande Guerra e dalla vittoria del nostro Paese nel conflitto che poneva fine al lungo Risorgimento – scrive Gian Vittorio Avondo su l’EM. – Quella data, però, oltre a commemorare la vittoria e tutti i morti che l’hanno propiziata, rimanda anche a un altro evento che della guerra è stato il frutto: L’insorgere dell’ultima grande pandemia della storia europea, che proprio grazie al conflitto contagiò il mondo intero.
“Tra l’ottobre 1918 e i primissimi mesi del ’19, per rendere più drammatica e angosciante la situazione di crisi globale in cui le nazioni si dibattevano, si scatenò una tremenda pandemia influenzale dovuta a un virus inizialmente diffuso tra animali domestici e poi mutato attraverso vari passaggi e attrezzato per essere letale nella sua variante umana.
“I primi a cadere vittime del morbo conosciuto come “influenza spagnola” (perché la FABRA, agenzia di stampa di quel Paese, diede notizia di alcuni casi benigni registrati a Madrid sin dal febbraio 1918) non furono i più deboli e malnutriti, categorie assai diffuse, bensì soprattutto i giovani nel pieno della vigoria fisica, di età compresa tra i 18 e i 40 anni.”
A partire dal XVI secolo, in Italia altre cinque diverse grandi epidemie si sono susseguite e ripetute nel tempo: la peste, il tifo, il tifo petecchiale, il vaiolo e il colera.
“Presenti fin dall’antichità – si legge sull’ ENCICLOPEDIA DELLA STORIA UNIVERSALE di De Agostini – le epidemie sono state per secoli un fattore decisivo per l’evoluzione demografica. La comparsa di un’epidemia comportava il brusco e violento rialzo di una mortalità già elevata: le sue conseguenze potevano durare per decenni prima che si ritrovasse un equilibrio. Infatti ogni epidemia causava numerosi effetti collaterali: fuga dalle zone infette, paralisi delle attività economiche e commerciali, calo dei matrimoni e quindi successivo calo delle natalità, ecc. Nella storia le epidemie hanno inoltre provocato contraccolpi culturali e sociali, con il diffondersi di superstizioni e le conseguenti persecuzioni contro coloro che venivano accusati di essere diffusori volontari del male: per esempio, gli ebrei nel Medioevo, gli “untori” della peste nell’età moderna, le stesse autorità pubbliche, come nel caso del colera nell’Italia del sec. XIX, che comportò anche moti popolari. “
“Come già era accaduto per la peste – continua Gian Vittorio Avondo – anche in questo caso il morbo (la spagnola) si diffuse con grande facilità tra la gente, in quanto poteva essere contratto semplicemente per via aerea, ossia era respirabile nell’aria e colpiva l’apparato polmonare.
“Ovviamente, il perdurare della guerra e la grande concentrazione di uomini ammassati nelle baracche delle trincee, non fece che agevolare il passaggio del virus da uomo a uomo, un virus portato a casa da chi andava in licenza con conseguenze che si possono immaginare”
La spagnola, tra il 1918 e il 1920, uccise decine di milioni di persone nel mondo, forse 600/650 mila solo in Italia.
“Ci si sentiva afferrati all’improvviso da un brivido indefinibile, - racconta un cappellano militare - si andava a letto, la febbre saliva paurosamente, una congestione polmonare brevissima e poi…la morte.”
A Cavour, così come nelle frazioni e nei dintorni, l’epidemia causò molti lutti, soprattutto fra i giovani. Fra gli altri anche Mariuccia, una bimba di appena 5 anni, figlia dell’ing. Maria Emanuele Peyron.
Il 9 ottobre 1919, i cavouresi, per celebrare la fine della spagnola, “grati e supplici a Nostra Signora del Buon Rimedio”, organizzarono un grandioso pellegrinaggio al Santuario di Cantogno.