Cavour, Aprile 1926 Tema: "La partenza degli emigranti"
In un vecchio quaderno a righe, fra saggi tipo “Il ritorno delle rondini” (…allora si faceva ancora caso a quest’evento!), “Le colonie italiane”, “Il risveglio della natura”, “La Guerra civile cinese”, etc… ci sono anche due componimenti che riguardano il fenomeno della migrazione, allora ancora molto esteso capillarmente e dolorosamente sentito. Riproponiamo qui di seguito, i due testi tratti dal quaderno di una alunna delle scuole elementari di Cavour, conservato in Archivio dal Gruppo di Ricerca Storica della Procavour.
LA PARTENZA DEGLI EMIGRANTI
“Verso la primavera molti padri lasciano la loro famiglia per andare in America a lavorare. E vanno con dolore perché forse non si rivedranno più al ritorno; Vi sono le mogli coi bambini che vedono partire il marito e il padre che con l’animo straziato, deve abbandonarli, affinchè non manchi loro il necessario. Come sarà triste il viaggio dei poveri emigranti al pensare ai loro cari ed alla Patria che hanno lasciati, e come pure sarà triste per le loro famiglie il saperli lontani e alle volte sofferenti per lungo lavoro. Poveri bambini, che sono privi delle tenerezze del loro babbo; povere mamme, poveri vecchi genitori a cui manca la gioia di vedere i loro figliuoli al loro fianco nei giorni tristi della vita; il loro pensiero volerà costantemente ai cari lontani e pregheranno il Signore che li benedica e ne affretti il ritorno”.
L’ADDIO AI MONTI DI LUCIA
“Addio monti sorgenti dall’acqua, ed elevanti al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto dei suoi più familiari; torrenti, dei quali distingue lo scroscio come il suono delle voci domestiche ville sparse biancheggianti sul pendio come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi cresciuto tra voi se ne allontana! Alla fantasia di quello che se ne parte volontariamente tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si dissabelliscono, in quel momento i sogni della ricchezza: egli si meraviglia di essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro; se non pensasse che un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più avanza nel piano il suo occhio si ritira disgustato e stanco da quell’ampiezza uniforme l’aria gli par gravosa e morta s’inoltra mesto disattento nelle città tumoltuose le case aggiunte a case le strade che sboccano nelle strade pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero pensa con desiderio inquieto al campicello del suo paese alla casuccia a cui ha già messo gli occhi adosso da gran tempo e che comprerà tornando ricco ai suoi monti”.