La nostra emigrazione in Francia
“Persistendo le campagne asciutte – scrive il teologo Biagio Cerutti, cappellano della frazione Cappella Nuova di Cavour all’inizio del Novecento – non bastando più il raccolto dei bozzoli, la popolazione cominciò a sfollare, prendendo varie destinazioni, prima verso l’Argentina, poi verso la Francia e anche più vicino, come Biella, Torino, Orbassano, Pinerolo, ecc…, in modo che da 900 abitanti siamo ridotti a meno di 600…”
Per le valli pinerolese la meta più favorevole era senza dubbio la vicina Francia, la cui frontiera poteva essere raggiunta facilmente anche a piedi.
“…si partiva all’avventura – scrive Aldo Sandrelli su l’Eco del Chisone del 20/10/’99 – e si accettava qualsiasi lavoro, nella miniera di ferro o di carbone, manovali nei porti, nelle saline, nelle ferrovie, nel metrò parigino, nei lavori stradali, nelle industrie chimiche, tessili e agroalimentari. I francesi, generalizzando, chiamavano tutti coloro che provenivano dalle regioni del Nord Italia “piémontais”, ma anche crumiri, beduini, zulù, maccaroni, ecc…
…Quanti sacrifici e quante umiliazioni! …Un emigrante italiano, operaio in una fabbrica di colla, raccontava il suo lavoro da forzati, che mai un francese avrebbe fatto e che solo i morti di fame come gli italiani potevano accettare…”
Anche la giustizia diventava ingiustizia. A Nizza, nel 1896, nel corso di un processo in cui un italiano era accusato di omicidio di un francese suo compagno di lavoro, il giudice scrisse: “Forse il colpevole ha colpito alle spalle, come abitualmente gli italiani fanno… Gli italiani hanno un colpo preferito: quando non colpiscono al cuore, mirano al collo; conoscono l’anatomia del corpo umano e sanno dove colpire a colpo sicuro. …”
A volte si era più fortunati. Nel 1928, un emigrante di Cavour scrive al fratello da Drancy-Seine:
“Caro fratello e Cognata e Nipoti e Nipote
Vengo per farvi sapere delle mie notizie che grazie a Dio godo una perfetta salute comme spero il simile per voi tutti.
Caro fratello come viè il primo giorno del anno 1928 vi auguro bon fine e bon principio del capo d’anno 1928, à tutta la famiglia.
Vi dico che qui in francia à fatto molto freddo viè dal giorno 16 Dicembre 1927 che fa il gelo ma però oggi incomincia à fare meglio non lo sai se fara cosi molto tempo, io sono sempre per il medesimo padrone come pure lo dovrai saperlo per il fratello Francesco.
Non più à dirvi che non lo sai quando venirò à trovarvi in italia, volevo venire nel mese di septembre ma come fanno delle dificolta per farmi le carte, non sono venuto. Per inquanto alla mia famiglia stanno bene tutti due Catterina e Agostino e sono insieme lori in questo momento, vi saluto tutti due fratello e Cognata e Nipoti e Nipote e tutti altri fratelli, da parte mia mi firmo il vostro fratello e Cognato.
L’indirisso e sempre l’ostesso di padrone. “
Nel 1931 in Francia lavoravano circa tre milioni di stranieri, di cui un terzo era italiano.